Il secondo dei tre Convegni programmati sulla “Sfida educativa” si è tenuto lunedì 20 gennaio 2020 a Chiaromonte, presso l’Ostello della Gioventù, ed è stato proposto dalla Commissione diocesana di Pastorale Giovanile e per l’Educazione, la Scuola e l’Università.
È iniziato con un momento di preghiera e i saluti introduttivi di don Mimmo Buglione, Vicario generale della nostra diocesi, anche a nome del Vescovo S.E. Mons. Vincenzo Orofino.
Don Pino Marino, in qualità di direttore della Commissione, ha introdotto il tema: “Educare, questione di cuore, questione di sguardo. Il metodo preventivo di don Bosco e la pedagogia del creato nello scoutismo”.
Don Gianpaolo Roma della Società Salesiana di San Giovanni Bosco e delegato per la Pastorale Giovanile Ispettoria Salesiana Meridionale ha guidato i presenti in un percorso di scoperta del “metodo educativo Don Bosco”. Ha più volte sottolineato una delle più conosciute espressioni di Don Bosco: “l’educazione è cosa di cuore e Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi”.
Educare con il cuore: ecco il primo grande insegnamento. Per educare c’è bisogno di passione ed è necessario saper amare e saper armonizzare autorità e dolcezza, amore di Dio e amore per i giovani. Molte volte si spreca tanto tempo a organizzare un luogo, uno spazio affinché sia più attrezzato possibile, mentre si trascura la relazione. Lo spazio è secondario; fondamentale è, invece, il tempo dedicato all’incontro, il tempo dedicato all’altro. In questo tempo, non è detto che l’educatore non soffra: entrare in questo di tipo di relazione significa anche rischiare. Tu, educatore, prendi a cuore ogni ragazzo …e se un giovane sbaglia? tu ne soffri, proprio perché sei un educatore appassionato, proprio perché sei coinvolto nella relazione. “L’altro è qualcuno che ti appartiene, che fa parte della tua identità e per quanto sia difficile accettare una sconfitta, è proprio questa una delle grandi sfide”, ha continuato don Gianpaolo.
Alla base di qualsiasi metodo educativo, è necessario che si stabilisca un rapporto di confidenza e fiducia tra educatori e ragazzi. In che modo è possibile crearlo? Secondo Don Bosco, attraverso un “adattarsi” ai gusti e agli interessi dei ragazzi che si incontrano, rispondere ai loro bisogni e alle loro attese. Non è possibile pensare ad una parcellizzazione della persona: la scuola si occupa di competenze, la Chiesa della fede. Ogni giovane è una pluralità di interessi e tutti vanno intercettati al fine di guardare secondo una visione olistica.
Il sistema educativo di Don Bosco è un sistema preventivo: le regole ci sono ma la presenza dell’educatore aiuta l’educando a prevenire l’errore.
Le tre colonne di questo modello educativo che ci consegnano il percorso su cui investire per provare ad accogliere la sfida educativa sono: ragione, religione e amorevolezza. Ragione in quanto è importante fare buon uso della Ragione; è importante educarci ad avere delle priorità e capire che ciò che ho davanti è fatto di valori, solo così posso accendere nei ragazzi quella “luce” tra bene e male. Religione: un aspetto che non si può trascurare in quanto è necessario “comprendere la dimensione di apertura al trascendente”. Noi educatori siamo consapevoli che educare è una cosa di cuore ma che a un certo punto il nostro cuore non può che aprirsi all’invocazione.
Infine, Amorevolezza: non basta il voler bene, ma è necessario che i ragazzi si accorgano di essere amati. Il bene non deve essere soltanto riversato sui ragazzi ma deve essere visibile.
La seconda parte del Convegno è stata dedicata alla “pedagogia del creato nello scoutismo”. Padre Roberto Del Riccio sj, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Agesci ha presentato questo metodo di pedagogia attiva, precisando che si tratta di un metodo educativo extra-scolastico e che ha come obiettivo il “formare tutte le dimensioni” della persona. Ha poi spiegato cosa si intende per “creato”: è una maniera religiosa di intendere e interpretare l’ambiente e dal punto di vista educativo bisogna spiegare che esso non è solo “Natura” ma è la “casa comune” in cui l’uomo vive e pertanto l’educatore ha il compito di aiutare i propri piccoli a diventare adulti e abitare al meglio insieme la “casa comune”.
La metodologia scout, inoltre, attraverso il gioco e l’esperienza, ovvero attraverso “l’imparare facendo”, risponde alle tante e autentiche domande dei giovani sulla vita.
Lo scoutismo considera una differenza importante tra ambiente reale e ambiente virtuale (o educativo): per imparare a vivere l’ambiente reale, si crea un ambiente virtuale (in scala) in cui il bambino/ragazzo fa esperienza. Punti fondamentali del metodo sono: Autoeducazione, dal bambino di 7 anni fino all’adulto; Sviluppo della dimensione sociale e spirituale; Esperienza comunitaria, fatta attraverso la vita di gruppo; Servizio del prossimo.
Dunque, un movimento educativo che si propone come obiettivo la formazione integrale della persona, ponendo attenzione ai valori fondamentali dell’uomo, come patrimonio inalienabile della persona.
Moderatore del Convegno è stato il prof. Vito Carlomagno, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “Giovanni XXIII” in Lauria (PZ).
Maria Francesca Santagata