Nacque nel 1521 a Castronuovo (oggi Castronuovo di Sant’Andrea), in provincia di Potenza, da Giovanni Avellino e da Margherita Apelli e fu chiamato Lancellotto. Avviato agli studi da uno zio arciprete, li compì nella vicina Senise, esercitandosi fin da allora nell’apostolato catechistico fra i giovani del luogo. Il 19 agosto 1537 diventa suddiacono; fu ordinato sacerdote nel 1545/1546 dal vescovo di Anglona e Tursi. Nell’ottobre 1947 si trasferì a Napoli per frequentare all’università i corsi di giurisprudenza e, divenuto avvocato, si esercitò nella difesa delle cause nel foro ecclesiastico. Avendo nel 1548 praticato gli esercizi spirituali sotto la direzione del gesuita Padre Laìnez, si diede a una vita di più intensa spiritualità, nella quale fu saggiamente diretto dal teatino, futuro beato, padre Giovanni Marinoni. Avvocato ecclesiastico presso quella Curia arcivescovile, abbandonò il foro in seguito a una menzogna sfuggitagli durante una arringa, fatto questo che lo amareggiò profondamente.
Nel 1551 gli fu affidata da mons. Scipione Rebiba, Vicario generale di Napoli, la riforma del tristemente noto monastero femminile benedettino di San’Arcangelo di Bajano: egli intraprese tale missione con zelo e fermezza, imponendovi severa clausura e tenendovi il quaresimale e le omelie nel anni 1553 e 1554. Essendo, però, mal sopportata la sua opera riformatrice da chi aveva loschi interessi nel monastero, fu ripetutamente aggredito e, nel 1556, gravemente ferito da un sicario. Guarito quasi miracolosamente, chiede e ottenne, di vestire l’abito tra i Teatini di San Paolo Maggiore di Napoli. Il 14 agosto 1556, viene ricevuto come ospite (postulante) dai medesimi fratelli di San Paolo Maggiore, e il 30 novembre 1556 viene ammesso al noviziato; e il 25 gennaio 1558, insieme al beato Paolo Burali, emette la sua professione religiosa, prendendo il nome di Andrea e aggiungendo ai tre voti regolari altri due: rinunciare sempre alla propria volontà e progredire incessantemente, nella misura delle proprie forze, verso la perfezione evangelica.
Fra aprile e maggio del1559 fece un pio pellegrinaggio a Roma, dove fu ricevuto da papa Paolo IV, fondatore, insieme con san Gaetano Tiene, dei Chierici Regolari (1524). Nel 1560 fu nominato maestro dei novizi della Casa di San Paolo Maggiore in Napoli, carica che tenne per dieci anni. Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569.
Dal 1570 al 1582 lavora tra Milano e Piacenza: è molto stimato da san Carlo Borromeo e dal beato Paolo Burali d’Arezzo. In questo periodo eroicamente, con i confratelli serve gli appestati di Milano, dirige spiritualmente i Seminari di Piacenza e di Milano, e poi ritorna definitivamente a Napoli.
Dotto nelle scienze sacre e profane, ricco di doni straordinari e di celesti carismi, quali la profezia e i miracoli, che gli conciliarono l’ammirazione e la devozione di nobili e di plebei, scrisse circa tremila lettere spirituali, in gran parte perdute, e numerosi trattati e opuscoli di ascetica, di esegesi biblica e di argomenti vari. Vigile custode della fede in Napoli, si oppose energicamente alla perniciosa setta di Giulia Di Marco, la quale, con il pretesto di un’illuminata spiritualità, diffondeva le pratiche più immorali. La mattina del 10 novembre 1608, mentre si accingeva a celebrare la Messa, ebbe una emorragia cerebrale, e morì nel pomeriggio all’età di ottantasette anni. La santità di Andrea Avellino s’impose subito: dopo soli sedici anni dalla morte, il 10 giugno 1624, papa Urbano VIII lo dichiarò Beato e il 22 maggio 1712 Clemente XI lo elevò agli onori degli altari. E’ invocato contro la morte improvvisa. Il suo corpo si venera ed è custodito nella Basilica di San Paolo Maggiore a Napoli, la festa si celebra il 10 novembre.
BIBL.: G.B. DEL TUFO, Historia della Religione dei Padri Chierici Regolari, Roma 1609; G.B. CASTALDO, Vita del Beato P.D. Andrea Avellino, C.R., Napoli 1627; G.B. BAGATTA, C.R., Vita dell’ammirabile B. Andrea Avellino, Napoli 1696; G.M. MAGENIS, C.R., Vita di Sant’Andrea Avellino della religione teatina, Napoli 1747; D.A. VENY BALLESTER, C.R., S. Andrés Avelino C.R., Barcelona 1962; I. IPARRAGUIRRE, S.J., Historia de la espiritualidad, Barcelona 1969; P. BOREA, Sant’Andrea Avellino apostolo della corrispondenza, Roccanova (PZ) 1970; A. MOBILIO, Sant’Andrea Avellino pellegrino di Cristo, Roma 1973; B. LAUGENI, C.R., Sant’Andrea Avellino, 1990; V. COSENZA, Lancillotto Avellino: l’avventura di una vita senza compromessi, Cinisello Balsamo 2006; F. NOLE’, Chiesa di Tursi – Lagonegro riparti da Cristo: con Sant’Andrea Avellino ascoltalo, amalo, raccontalo ai fratelli vicini e lontani!, Lettera al Clero e ai fedeli laici della Diocesi, in occasione del IV Centenario della morte di Sant’Andrea Avellino, Anno Andreano (2006 – 2007), Lagonegro 2006.
Si dedica con tutte le forze all’evangelizzazione, alla predicazione e alla catechesi non solo in Lauria, ma anche nella Diocesi e in quelle limitrofe. Annuncia la verità di Cristo con riferimento costante alla Bibbia e alla genuina tradizione cattolica, accompagnando il servizio del Vangelo con opere penitenziali e caritative. I suoi quaresimali, le sue missioni, le sue omelie, toccano il cuore di tutti, perché don Domenico vive lui per primo quanto dal pulpito predica agli altri. Rivive fortemente la passione di Cristo, unico Redentore dell’umanità, risorto e vivente in eterno, e questa fede pasquale infonde nei suoi uditori, sia nel predicare che nel confessare. Accanto a Gesù Cristo Crocifisso, il Beato Lentini ha tenera devozione verso la Madre Addolorata, di cui diffonde il culto e per Lei fonda una Congregazione di impegno spirituale, penitenziale e caritativo. Concepisce la Chiesa come corpo mistico di Cristo, l’ama intensamente con tutta la mente e con tutto il cuore.
Don Domenico è anche cristiano di profonda cultura, che mette a disposizione dei suoi concittadini fin dal diaconato, nell’insegnamento delle lettere, della filosofia, della teologia e di materie affini. Per trenta anni ragazzi e giovani di Lauria e del circondario affollano la sua povera casa in una vera e propria scuola cattolica, con l’intento, ampiamente realizzato, di formare “ottimi cristiani e santi cittadini”. L’insigne maestro offre alla gioventù la sua attività didattica gratuitamente e accetta solo qualche magro compenso volontario. Osserva la strettissima povertà volontaria, che unisce ad una incondizionata obbedienza ai suoi superiori ecclesiastici, nella cui volontà ravvisa e segue quella di Dio stesso.
Sacerdote della Croce, della Carità, del Vangelo, si trova ad operare in tempi non facili e sereni per la Chiesa, per la storia d’Italia e d’Europa (rivoluzione francese, epoca napoleonica, restaurazione, primi moti risorgimentali). Promuove instancabilmente la pace fra le persone, le famiglie e le opposte fazioni politiche e sociali. Nella via dell’umiltà totale e assoluta vive in continua aspra penitenza: cibi frugali, mortificazioni corporali, vesti logore, cilizi e flagellazioni, pochissimo sonno e il pavimento per giaciglio. Con queste ed altre opere penitenziali si offre a Dio Padre in espiazione e riparazione per rendere propizia ai peccatori la divina misericordia.
Il 25 febbraio 1828, dopo una vita sacerdotale tutta eucaristica ed evangelica, con un’agonia vissuta nel completo abbandono mistico, il servo buono e fedele viene chiamato a prendere parte alla gioia del suo Signore. La glorificazione di don Domenico Lentini comincia già subito con i suoi funerali, celebrati in Lauria per sette giorni consecutivi e con grande partecipazione di popolo. Prodigiose guarigioni e numerose conversioni avvengono presso il suo feretro e la fama della sua santità si afferma ovunque. Il processo diocesano si celebra a Lauria in due fasi: dal 1842 al 1844 e dal 1890 al 1893. Il processo apostolico a Roma: dal 1905 al 1921. Nel 1935 papa Pio XI dichiara il Venerabile Domenico Lentini Eroe delle Virtù teologali e cardinali. Sua Santità il papa Giovanni Paolo II, in Roma, Piazza San Pietro, il 12 ottobre 1997 dichiara solennemente Beato il sacerdote Domenico Lentini, dinanzi a migliaia di fedeli, su richiesta del vescovo della diocesi di Tursi-Lagonegro mons. Rocco Talucci.
Patrono della Città di Lauria, le sue spoglie mortali sono custodite ed esposte alla venerazione nella chiesa parrocchiale di “S. Nicola di Bari” in Lauria, rione superiore (PZ). Il 25 febbraio si celebra la sua festa come solennità liturgica in Lauria e come memoria obbligatoria in Diocesi.
BIBL.: ROSSI G., Breve biografia del Venerabile Lentini, Lauria 1889; PISANI G.B., Prediche del Servo di Dio Domenico Lentini con alcuni cenni biografici, Roma 1894; SICA C., Il Venerabile Lentini, sacerdote secolare di Lauria, Grottaferrata 1931; REALE G., Domenico Lentini, Santo di Paese, Reggio Calabria 1984; MONDRONE D., Il Venerabile Lentini, un santo rimasto a lungo nell’ombra, Reggio Calabria 1978; MONTONATI A., Prete e basta. Il Beato Domenico Lentini di Lauria, Cinisello Balsamo, 2001; CANTISANI A., Va…e grida. Le prediche del Venerabile Lentini, Catanzaro 1992; F. NOLE’, Chiesa di Tursi – Lagonegro riparti da Cristo: con il beato Domenico Lentini ascoltalo, amalo, raccontalo ai fratelli vicini e lontani!, Lettera al Clero e ai fedeli laici della Diocesi, in occasione del X anniversario della Beatificazione del venerabile Domenico Lentini, Anno Lentiniano (2007 – 2008), Lagonegro 2007.
Originario di Tolosa, si recò in Italia per ritirarsi in solitudine sul Monte Caramola, in agro di Chiaromonte (oggi S. Severino Lucano). Ivi visse da eremita, dedito alla preghiera e al digiuno e favorito dello spirito di profezia. Dopo aver lungamente vissuto come eremita, entrò nel monastero cistercense di Santa Maria del Sagittario, dove continuò a condurre una vita di grande austerità, osservando un silenzio assoluto, al punto che si diceva di lui che non aveva la lingua. Morì il 26 agosto 1339. Numerose guarigioni miracolose avvennero sulla sua tomba. Nell’abbazia se ne celebrava la festa il 26 agosto con lezioni proprie e ogni giorno se ne faceva memoria alle Lodi e ai Vespri. Il suo corpo si conservò intatto in un altare a lui dedicato, oggi si trova nella chiesa parrocchiale di “S. Giovanni Battista” in Chiaromonte (PZ).
La sua Vita è stata scritta da un monaco a lui contemporaneo. L’abate del monastero, Gregorio De Lauro, vi aggiunse delle note pubblicate nel 1660. E’ iscritto nel Menologio Cistercense alla data del 26 agosto.
BIBL.: G. DE LAURO, Vita B. Joannis a Caramola, Napoli 1660; UGHELLI, VII, coll. 91-93; Acta SS. Augusti, V, Venezia 1754, pp. 854-62; L. JANAUSCHEK, Origines cistercienses, Vienne 1878, p. 208 ; BHL, I, p. 646, n. 4369 ; CHEVALIER, Répertoire, I, col. 2381 ; ZIMMERMANN, II, pp. 625, 627; Vies des Saints, VIII, pp. 508-509 ; Men. Cister., pp. 193-194 (26 agosto); BRANCO L., (a cura) Il Beato Giovanni Caramola nella narrazione di un anonimo trecentesco dell’abate Gregorio De Lauro, Grafiche Zaccara, Lagonegro (PZ) 2003; F. NOLE’, Chiesa di Tursi – Lagonegro riparti da Cristo: con il beato Giovanni da Caramola ascoltalo, amalo, raccontalo ai fratelli vicini e lontani!, Lettera al Clero e ai fedeli laici della Diocesi, in occasione del 670° anniversario della nascita al cielo del beato Giovanni da Caramola, Anno Giovanneo (2008 – 2009), Lagonegro 2009.