DIOCESI DI TURSI-LAGONEGRO
Consulta Diocesana della Aggregazioni Laicali
Consulta Diocesana della Aggregazioni Laicali
CONSIDERAZIONI SUL DOCUMENTO PROGRAMMATICO PER LO STATUTO
La Consulta, espressione delle aggregazioni laicali cattoliche della diocesi di Tursi-Lagonegro, rispondendo al diritto-dovere di essere parte attiva nel processo di progettazione dello Statuto regionale, vera carta di identità da vivere della società di Basilicata, offre il proprio contributo di riflessione sul Documento programmatico per lo Statuto, ispirandosi ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa.
Il contributo si articola in alcune considerazioni che riguardano il Documento nella sua globalità (Premessa) e in successive sottolineature sui vari paragrafi
Il contributo si articola in alcune considerazioni che riguardano il Documento nella sua globalità (Premessa) e in successive sottolineature sui vari paragrafi
PREMESSA
E’ evidente la necessità di stilare un nuovo Statuto regionale, perché il quadro attuale dell’intero Paese e del nostro territorio è interessato da profonde trasformazioni culturali, sociali ed economiche i cui effetti non possono più essere governati in base a norme che si avvertono ormai vetuste. Vorremmo, però, che quanto si appalesa ancora valido nello Statuto originario venisse recuperato, magari rendendolo con terminologia più attuale.
Apprezziamo la decisione di coinvolgere tutte le parti sociali, perché l’operazione Statuto è occasione per far emergere il volto della comunità lucana attraverso lo strumento principe per rappresentarsi e rappresentare all’esterno la propria identità, così che sia punto di ispirazione per scelte programmatiche e costruzione di futuro. Va ammesso che l’identità regionale è ancora in costruzione e le contrapposizioni emergono ad ogni occasione. Il primo compito che attende è dunque fare sintesi fra esigenze, interessi legittimi, sensibilità, attese variegate, prendendo atto della frammentazione culturale, sociale e politica che ancora caratterizza le nostre comunità per operare una sintesi che guardi al bene comune e non ceda a compromessi di basso livello. Ricomporre un rapporto fecondo fra società ed istituzione regionale, meta dichiarata nel Documento, è quanto mai urgente, dato l’attuale scollamento fra politica e realtà sociale, con conseguente aumento di sfiducia nelle istituzioni.
L’impegno dichiarato di riavvicinare politica e società per essere praticato richiede ascolto vero anche dei corpi sociali intermedi nei quali la società si organizza ed esprime al di là di quelli istituzionali o tradizionali come partiti e sindacati. Condividiamo, pertanto, in linea generale la previsione di istituti di partecipazione popolare, il coinvolgimento maggiore del Consiglio Regionale, la trasparenza dell’azione politica e amministrativa più volte richiamata
Punto apprezzato e condiviso sono le quattro “parole chiave” che tratteggiano il profilo della regione che “c’è e che si vuole costruire”. Resta il problema di come si tradurranno operativamente nella programmazione. Struttura e terminologia del Documento proposto, al momento, non agevolano in questa direzione: poche le scelte chiare presenti, molte le dichiarazioni generiche e le formulazioni sintetiche, ma soprattutto eccessivo il rimando a decisioni future, che rende il documento opaco, poco incisivo e non facilita la formulazione di proposte concrete.
Comprendiamo che le declinazioni operative dovranno essere affidate ai regolamenti, ma ci pare opportuno che le linee guida siano inserite in modo chiaro e inequivocabile nell’articolato statutario, ad evitare declinazioni incongruenti. Mettere in stretta connessione principi, compiti e struttura organizzativa è essenziale se non si vuole che i principi restino pure dichiarazioni d’intento. Un esempio: all’interno dei principi della persona, della democrazia o della sostenibilità, manca il richiamo chiaro e definito al merito come criterio nell’assegnazione degli incarichi amministrativi di pertinenza regionale. Anche dalla palese mancata applicazione di questo criterio deriva la situazione gravissima che la nostra regione vive. Come cattolici non possiamo non opporci a questo per garantire il rispetto del diritto fondamentale della persona, in particolare dei giovani, a veder riconosciuto il proprio valore, anche attraverso giuste gratificazioni economiche e professionali.
Apprezziamo in modo particolare l’aver collocato al primo posto il valore costituzionale della persona e alla luce di tale valore leggiamo i paragrafi del Documento.
Apprezziamo la decisione di coinvolgere tutte le parti sociali, perché l’operazione Statuto è occasione per far emergere il volto della comunità lucana attraverso lo strumento principe per rappresentarsi e rappresentare all’esterno la propria identità, così che sia punto di ispirazione per scelte programmatiche e costruzione di futuro. Va ammesso che l’identità regionale è ancora in costruzione e le contrapposizioni emergono ad ogni occasione. Il primo compito che attende è dunque fare sintesi fra esigenze, interessi legittimi, sensibilità, attese variegate, prendendo atto della frammentazione culturale, sociale e politica che ancora caratterizza le nostre comunità per operare una sintesi che guardi al bene comune e non ceda a compromessi di basso livello. Ricomporre un rapporto fecondo fra società ed istituzione regionale, meta dichiarata nel Documento, è quanto mai urgente, dato l’attuale scollamento fra politica e realtà sociale, con conseguente aumento di sfiducia nelle istituzioni.
L’impegno dichiarato di riavvicinare politica e società per essere praticato richiede ascolto vero anche dei corpi sociali intermedi nei quali la società si organizza ed esprime al di là di quelli istituzionali o tradizionali come partiti e sindacati. Condividiamo, pertanto, in linea generale la previsione di istituti di partecipazione popolare, il coinvolgimento maggiore del Consiglio Regionale, la trasparenza dell’azione politica e amministrativa più volte richiamata
Punto apprezzato e condiviso sono le quattro “parole chiave” che tratteggiano il profilo della regione che “c’è e che si vuole costruire”. Resta il problema di come si tradurranno operativamente nella programmazione. Struttura e terminologia del Documento proposto, al momento, non agevolano in questa direzione: poche le scelte chiare presenti, molte le dichiarazioni generiche e le formulazioni sintetiche, ma soprattutto eccessivo il rimando a decisioni future, che rende il documento opaco, poco incisivo e non facilita la formulazione di proposte concrete.
Comprendiamo che le declinazioni operative dovranno essere affidate ai regolamenti, ma ci pare opportuno che le linee guida siano inserite in modo chiaro e inequivocabile nell’articolato statutario, ad evitare declinazioni incongruenti. Mettere in stretta connessione principi, compiti e struttura organizzativa è essenziale se non si vuole che i principi restino pure dichiarazioni d’intento. Un esempio: all’interno dei principi della persona, della democrazia o della sostenibilità, manca il richiamo chiaro e definito al merito come criterio nell’assegnazione degli incarichi amministrativi di pertinenza regionale. Anche dalla palese mancata applicazione di questo criterio deriva la situazione gravissima che la nostra regione vive. Come cattolici non possiamo non opporci a questo per garantire il rispetto del diritto fondamentale della persona, in particolare dei giovani, a veder riconosciuto il proprio valore, anche attraverso giuste gratificazioni economiche e professionali.
Apprezziamo in modo particolare l’aver collocato al primo posto il valore costituzionale della persona e alla luce di tale valore leggiamo i paragrafi del Documento.
I PRINCIPI
Regione della persona
Il diritto fondamentale, da rispettare e proteggere, è quello alla vita, presupposto su cui si innestano tutti gli altri diritti della persona, così come li troviamo nella Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino, nella nostra Carta costituzionale (art. 2), nella Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia.
Risulta quindi fondamentale e doveroso che il nuovo Statuto continui a salvaguardare, difendere e
tutelare incessantemente i diritti umani: della famiglia, dei minori, delle persone diversamente abili, all’abitazione, alla salute e al lavoro, utilizzando e sfruttando la rete comunicativa rappresentata dai mezzi di comunicazione di massa locali e coinvolgendo sempre più i giovani e i “luoghi e contesti di vita”: famiglia, scuola, parrocchia, associazioni, organismi culturali…
Da qui alcune proposte:
– Accentuare “nella ricchezza delle relazioni” cogliendo l’obiettivo di lavorare per il bene comune.
– Introdurre, accanto a sostenere e promuovere i diritti, l’impegno della Regione a lavorare per la formazione ai doveri di cittadinanza. Una via concreta è prevedere norme che favoriscono la realizzazione di attività di questo genere iniziando dalla scuola e dalla parrocchia, luoghi ideali per imparare a conoscere, rispettare e praticare i diritti umani, anche al fine di sensibilizzare maggiormente, attraverso i bambini, il mondo degli adulti.
– Per il diritto alla salute, migliorare la tutela sanitaria delle fasce sociali più deboli, i cittadini colpiti da gravi malattie e i cittadini extracomunitari, coinvolgendo anche le associazioni di volontariato.
– Includere fra i diritti della persona quello al lavoro, facendo sì che attraverso la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori si concretizzi la considerazione per chi non ce la fa.
Regione della persona
Il diritto fondamentale, da rispettare e proteggere, è quello alla vita, presupposto su cui si innestano tutti gli altri diritti della persona, così come li troviamo nella Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino, nella nostra Carta costituzionale (art. 2), nella Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia.
Risulta quindi fondamentale e doveroso che il nuovo Statuto continui a salvaguardare, difendere e
tutelare incessantemente i diritti umani: della famiglia, dei minori, delle persone diversamente abili, all’abitazione, alla salute e al lavoro, utilizzando e sfruttando la rete comunicativa rappresentata dai mezzi di comunicazione di massa locali e coinvolgendo sempre più i giovani e i “luoghi e contesti di vita”: famiglia, scuola, parrocchia, associazioni, organismi culturali…
Da qui alcune proposte:
– Accentuare “nella ricchezza delle relazioni” cogliendo l’obiettivo di lavorare per il bene comune.
– Introdurre, accanto a sostenere e promuovere i diritti, l’impegno della Regione a lavorare per la formazione ai doveri di cittadinanza. Una via concreta è prevedere norme che favoriscono la realizzazione di attività di questo genere iniziando dalla scuola e dalla parrocchia, luoghi ideali per imparare a conoscere, rispettare e praticare i diritti umani, anche al fine di sensibilizzare maggiormente, attraverso i bambini, il mondo degli adulti.
– Per il diritto alla salute, migliorare la tutela sanitaria delle fasce sociali più deboli, i cittadini colpiti da gravi malattie e i cittadini extracomunitari, coinvolgendo anche le associazioni di volontariato.
– Includere fra i diritti della persona quello al lavoro, facendo sì che attraverso la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori si concretizzi la considerazione per chi non ce la fa.
Regione della solidarietà
E’ un campo in cui si intrecciano riforma del lavoro e rispetto dello Statuto dei lavoratori.
Per la Regione rispetto del diritto al lavoro non può significare soltanto prevedere forme di aiuto dignitose per chi è senza lavoro, come avvenuto con le iniziative del Reddito minimo di inserimento e i programmi di Cittadinanza solidale. La solidarietà è valore positivo, ma non deve diventare (o continuare ad essere) assistenzialismo, strada per tenere soggiogate le persone attraverso il loro bisogno. Il diritto al lavoro collocato nella zona della solidarietà risulta ancora più aiuto materiale che attenzione alla persona in tutta la sua globalità, più assistenza che solidarietà e promozione. Per questo sosteniamo l’opportunità di spostarlo nella zona della persona: promozione implica collaborazione reciproca, accompagnamento, liberazione, e il diritto al lavoro è essenziale per un reale esercizio di libertà, che non può esserci dove il bisogno mette in discussione la dignità della persona.
La metodologia di concertazione alla base del Progetto “Obiettivo Basilicata 2012” è una buona traccia per porre fine a un’epoca di progetti che hanno fruttato più per le agenzie di formazione che per l’occupazione dei giovani, nel concreto ancora troppo legata alla raccomandazione. Per rompere il cerchio occorre pensare strategicamente alle fasce più deboli e contrastare gli effetti più evidenti della delusione dei giovani: emigrazione, fuga dei cervelli, impoverimento della nostra regione e compromissione del suo futuro. E’ questione di cambiare mentalità, intervenendo sulla povertà culturale che è l’anticamera di quella economica e non viceversa. Si tratta di creare occasioni per richiamare in regione chi è stato costretto ad andare fuori, riproponendo nella sostanza e dando piena attuazione all’art. 8 dello Statuto attuale
E’ un campo in cui si intrecciano riforma del lavoro e rispetto dello Statuto dei lavoratori.
Per la Regione rispetto del diritto al lavoro non può significare soltanto prevedere forme di aiuto dignitose per chi è senza lavoro, come avvenuto con le iniziative del Reddito minimo di inserimento e i programmi di Cittadinanza solidale. La solidarietà è valore positivo, ma non deve diventare (o continuare ad essere) assistenzialismo, strada per tenere soggiogate le persone attraverso il loro bisogno. Il diritto al lavoro collocato nella zona della solidarietà risulta ancora più aiuto materiale che attenzione alla persona in tutta la sua globalità, più assistenza che solidarietà e promozione. Per questo sosteniamo l’opportunità di spostarlo nella zona della persona: promozione implica collaborazione reciproca, accompagnamento, liberazione, e il diritto al lavoro è essenziale per un reale esercizio di libertà, che non può esserci dove il bisogno mette in discussione la dignità della persona.
La metodologia di concertazione alla base del Progetto “Obiettivo Basilicata 2012” è una buona traccia per porre fine a un’epoca di progetti che hanno fruttato più per le agenzie di formazione che per l’occupazione dei giovani, nel concreto ancora troppo legata alla raccomandazione. Per rompere il cerchio occorre pensare strategicamente alle fasce più deboli e contrastare gli effetti più evidenti della delusione dei giovani: emigrazione, fuga dei cervelli, impoverimento della nostra regione e compromissione del suo futuro. E’ questione di cambiare mentalità, intervenendo sulla povertà culturale che è l’anticamera di quella economica e non viceversa. Si tratta di creare occasioni per richiamare in regione chi è stato costretto ad andare fuori, riproponendo nella sostanza e dando piena attuazione all’art. 8 dello Statuto attuale
Regione della democrazia
Plaudiamo alla decisa affermazione circa l’irrinunciabilità dell’unità nazionale.
Le altre affermazioni vanno viste in rapporto al tema della partecipazione, per coglierne le implicanze concrete.
Plaudiamo alla decisa affermazione circa l’irrinunciabilità dell’unità nazionale.
Le altre affermazioni vanno viste in rapporto al tema della partecipazione, per coglierne le implicanze concrete.
Regione della sostenibilità
Valutiamo positivamente aver messo in stretto rapporto beni naturali, cultura e sviluppo economico. Il bene cultura è certamente da mettere al primo posto, non con dichiarazioni, ma con scelte concrete. Le scelte sul formato delle zone di programma, sulla dislocazione delle unità scolastiche autonome, sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche devono discendere da questa priorità. Attualmente non ci pare lo siano: anche le ultime scelte per il piano triennale 2012-2015 sembrano rispondere a logiche poco rispettose dei principi di solidarietà, centralità della persona, tutela delle zone svantaggiate.
E’ scelta culturale, prima ancora che economica, decidere in merito alla cosiddetta vocazione agraria e turistica della Basilicata.Un esempio: agricoltura basata sulla proprietà diretto-coltivatrice e industria legata all’agricoltura erano le scelte di 40 anni fa. Sono da buttare, ancora prima di averle pienamente realizzate, perché non più attuali o sono ancora valide? Ovviamente, tenendo conto che oggi l’intervento in questo settore va coniugato con sviluppo tecnologico, innovazione, globalizzazione, differenziazione delle aree e specificità produttive territoriali. La Regione deve fare ripartire la “macchina produttiva” del mondo del lavoro, per dare speranza agli inattivi, a coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano più, perché stanchi o scoraggiati; i disoccupati, i cassintegrati, i giovani alla ricerca di un primo lavoro, le donne e gli immigrati. Nel farlo, però, occorre tener presenti le nuove esigenze economiche mondiali, abbracciare il mondo produttivo moderno basato principalmente sull’organizzazione della “Green economy”, l ‘agricoltura biologica e biodinamica, l’agriturismo denominato “Green Farm”, nonché puntare sul concetto di biologico in senso stretto.
Può essere un modo concreto di prestare attenzione alle zone interne, soprattutto a quelle più marginali, a rischio di spopolamento, non solo in termini di “conservazione”, ma anche e soprattutto in termini di sviluppo. Discende dalla centralità della persona e dalla solidarietà: quanti si trovano in condizione di bisogno, i poveri sotto ogni aspetto, non sono persone a cui guardare, ma da cui guardare per capire e agire e con cui guardare , per renderli protagonisti della ripresa.
Dare voce a queste zone deve avere riflessi diretti anche sulle scelte per l’organizzazione politica e amministrativa
Valutiamo positivamente aver messo in stretto rapporto beni naturali, cultura e sviluppo economico. Il bene cultura è certamente da mettere al primo posto, non con dichiarazioni, ma con scelte concrete. Le scelte sul formato delle zone di programma, sulla dislocazione delle unità scolastiche autonome, sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche devono discendere da questa priorità. Attualmente non ci pare lo siano: anche le ultime scelte per il piano triennale 2012-2015 sembrano rispondere a logiche poco rispettose dei principi di solidarietà, centralità della persona, tutela delle zone svantaggiate.
E’ scelta culturale, prima ancora che economica, decidere in merito alla cosiddetta vocazione agraria e turistica della Basilicata.Un esempio: agricoltura basata sulla proprietà diretto-coltivatrice e industria legata all’agricoltura erano le scelte di 40 anni fa. Sono da buttare, ancora prima di averle pienamente realizzate, perché non più attuali o sono ancora valide? Ovviamente, tenendo conto che oggi l’intervento in questo settore va coniugato con sviluppo tecnologico, innovazione, globalizzazione, differenziazione delle aree e specificità produttive territoriali. La Regione deve fare ripartire la “macchina produttiva” del mondo del lavoro, per dare speranza agli inattivi, a coloro che non hanno un lavoro e non lo cercano più, perché stanchi o scoraggiati; i disoccupati, i cassintegrati, i giovani alla ricerca di un primo lavoro, le donne e gli immigrati. Nel farlo, però, occorre tener presenti le nuove esigenze economiche mondiali, abbracciare il mondo produttivo moderno basato principalmente sull’organizzazione della “Green economy”, l ‘agricoltura biologica e biodinamica, l’agriturismo denominato “Green Farm”, nonché puntare sul concetto di biologico in senso stretto.
Può essere un modo concreto di prestare attenzione alle zone interne, soprattutto a quelle più marginali, a rischio di spopolamento, non solo in termini di “conservazione”, ma anche e soprattutto in termini di sviluppo. Discende dalla centralità della persona e dalla solidarietà: quanti si trovano in condizione di bisogno, i poveri sotto ogni aspetto, non sono persone a cui guardare, ma da cui guardare per capire e agire e con cui guardare , per renderli protagonisti della ripresa.
Dare voce a queste zone deve avere riflessi diretti anche sulle scelte per l’organizzazione politica e amministrativa
LE ISTITUZIONI E LA SOCIETA’ REGIONALE
Plaudiamo alla dichiarazione di voler puntare sulla partecipazione attiva dei cittadini, espressione con la quale intendiamo la capacità, da parte degli stessi, di dare voce alle proprie esigenze di natura politica, sociale, economica e culturale, non solo attraverso le rappresentanze politiche elette, ma intervenendo direttamente, sfruttando la comunicazione interattiva e multimediale conosciuta con il termine di e-democracy.
Condizione preliminare per rendere possibile la partecipazione ai processi decisionali è assicurare informazione preliminare e in itinere, attualmente disponibile solo saltuariamente.
È molto importante che i cittadini sappiano qual è l’interlocutore politico, amministrativo e civico cui rivolgersi per partecipare più attivamente ai processi decisionali che influenzano la loro quotidianità. I giovani, soprattutto, hanno spesso maggiori difficoltà ad entrare in contatto con le Istituzioni, quindi la consultazione on-line e l’interattività su piattaforma virtuale accrescerebbe il livello di conoscenza e partecipazione politica della fascia giovanile, visto che il mezzo di comunicazione utilizzato dai giovani è oramai il computer.
Positiva l’istituzione dell’Albo della partecipazione, se si definiscono i criteri di accesso in modo da non escludere associazioni o gruppi particolari. Ad esempio, il volontariato non è solo quello socio-assistenziale; non ci sono solo le Onlus o le associazioni con partita Iva; le associazioni o i gruppi impegnati prioritariamente in ambito ecclesiale devono avere pieno diritto di partecipazione in quanto curando la formazione della persona in vista del bene comune, contribuiscono sicuramente al bene comune della regione.
Perché sia garantito un potere sostanziale della società civile, dell’associazionismo e del volontariato nell’indirizzare le politiche e la programmazione regionale, alcuni interrogativi attendono risposta: quale può essere l’effettivo contributo delle associazioni aderenti all’Albo? C’è obbligo o semplice opportunità di ascoltarle? Se si, per decisioni in quali materie?
Più in generale, che cosa significa partecipazione ai procedimenti amministrativi? Semplice possibilità di moral suasion o potere vincolante? Se si, in quali campi e in che modo?
Per non svuotarlo dall’interno, al diritto di interrogazione deve corrispondere per chi amministra il dovere di risposta
Anche per l’iniziativa di legge popolare occorre prevedere esplicitamente l’obbligo per il Consiglio regionale di prendere in esame la proposta entro un tempo definito, ad evitare che questo istituto venga svuotato di ogni senso. Sarebbe procedura snella e trasparente, che potrebbe evitare un eccessivo ricorso al referendum approvativo, il quale rappresenta comunque un istituto apprezzabile e innovativo per una partecipazione autentica. Banco di prova della sua funzionalità sarà la definizione del quorum: fissato in certi termini potrebbe rendere de facto impossibile la richiesta.
Non convince la debolezza che connota l’istruttoria pubblica (l’adozione può essere preceduta… il provvedimento tiene conto delle risultanze…) Occorre rafforzare l’istituto, strutturando l’iter in modo che sia effettivo spazio di partecipazione alla presa di decisioni.
Abbiamo perplessità per la Consulta Statutaria, specie dopo la limitazione di campo d’azione introdotta dalla Corte costituzionale.
Si rileva, infine, l’importanza della Commissione pari opportunità, auspicando che possa diventare più incisiva sul territorio (pareri vincolanti; aiuto alle donne da parte dell’Ufficio della consigliera regionale di parità; …)
Plaudiamo alla dichiarazione di voler puntare sulla partecipazione attiva dei cittadini, espressione con la quale intendiamo la capacità, da parte degli stessi, di dare voce alle proprie esigenze di natura politica, sociale, economica e culturale, non solo attraverso le rappresentanze politiche elette, ma intervenendo direttamente, sfruttando la comunicazione interattiva e multimediale conosciuta con il termine di e-democracy.
Condizione preliminare per rendere possibile la partecipazione ai processi decisionali è assicurare informazione preliminare e in itinere, attualmente disponibile solo saltuariamente.
È molto importante che i cittadini sappiano qual è l’interlocutore politico, amministrativo e civico cui rivolgersi per partecipare più attivamente ai processi decisionali che influenzano la loro quotidianità. I giovani, soprattutto, hanno spesso maggiori difficoltà ad entrare in contatto con le Istituzioni, quindi la consultazione on-line e l’interattività su piattaforma virtuale accrescerebbe il livello di conoscenza e partecipazione politica della fascia giovanile, visto che il mezzo di comunicazione utilizzato dai giovani è oramai il computer.
Positiva l’istituzione dell’Albo della partecipazione, se si definiscono i criteri di accesso in modo da non escludere associazioni o gruppi particolari. Ad esempio, il volontariato non è solo quello socio-assistenziale; non ci sono solo le Onlus o le associazioni con partita Iva; le associazioni o i gruppi impegnati prioritariamente in ambito ecclesiale devono avere pieno diritto di partecipazione in quanto curando la formazione della persona in vista del bene comune, contribuiscono sicuramente al bene comune della regione.
Perché sia garantito un potere sostanziale della società civile, dell’associazionismo e del volontariato nell’indirizzare le politiche e la programmazione regionale, alcuni interrogativi attendono risposta: quale può essere l’effettivo contributo delle associazioni aderenti all’Albo? C’è obbligo o semplice opportunità di ascoltarle? Se si, per decisioni in quali materie?
Più in generale, che cosa significa partecipazione ai procedimenti amministrativi? Semplice possibilità di moral suasion o potere vincolante? Se si, in quali campi e in che modo?
Per non svuotarlo dall’interno, al diritto di interrogazione deve corrispondere per chi amministra il dovere di risposta
Anche per l’iniziativa di legge popolare occorre prevedere esplicitamente l’obbligo per il Consiglio regionale di prendere in esame la proposta entro un tempo definito, ad evitare che questo istituto venga svuotato di ogni senso. Sarebbe procedura snella e trasparente, che potrebbe evitare un eccessivo ricorso al referendum approvativo, il quale rappresenta comunque un istituto apprezzabile e innovativo per una partecipazione autentica. Banco di prova della sua funzionalità sarà la definizione del quorum: fissato in certi termini potrebbe rendere de facto impossibile la richiesta.
Non convince la debolezza che connota l’istruttoria pubblica (l’adozione può essere preceduta… il provvedimento tiene conto delle risultanze…) Occorre rafforzare l’istituto, strutturando l’iter in modo che sia effettivo spazio di partecipazione alla presa di decisioni.
Abbiamo perplessità per la Consulta Statutaria, specie dopo la limitazione di campo d’azione introdotta dalla Corte costituzionale.
Si rileva, infine, l’importanza della Commissione pari opportunità, auspicando che possa diventare più incisiva sul territorio (pareri vincolanti; aiuto alle donne da parte dell’Ufficio della consigliera regionale di parità; …)
IL SISTEMA POLITICO ISTITUZIONALE
Il paragrafo presenta molti punti che condividiamo, con alcune sottolineature:
– separazione fra funzione di indirizzo, di amministrazione e di controllo.
– Previsione di Statuto dell’esecutivo, Statuto del Consigliere e Statuto dell’ opposizione; necessita l’unificazione in uno unico testo dei diversi statuti sul funzionamento del Consiglio Regionale per evitare asimmetrie di normazione e duplicazioni.
– Allargamento dell’iniziativa legislativa.
– Bidirezionalità delle Commissioni consiliari, da rafforzare individuando modi concreti di raccordo commissioni/società civile.
– Rapporto Giunta-Consiglio, all’interno del quale va affrontato un problema: prevedere per le nomine di maggior importanza (Direttori Generali) una forma di coinvolgimento forte del Consiglio, ad evitare che l’eccessiva discrezionalità della Giunta nelle decisioni possa alimentare forme di clientelismo e favori personali.
– Previsione di un controllo qualità delle leggi, fondamentale in relazione a comprensibilità, coerenza con le altre fonti normative, impatto sul cittadino.
– Dibattito annuale sullo stato della regione, il cui punto di merito sta nell’opportunità di costruire una mentalità di rendicontazione/bilancio sociale ancora pochissimo diffusa.
Lascia dubbi la scelta praticamente già effettuata dell’elezione diretta del Presidente, punto delicato e nevralgico che avrebbe necessità di ulteriore approfondimento prima di addivenire ad una scelta definitiva. Comprendiamo e condividiamo l’esigenza di garantire governabilità e stabilità, ma se si vuole mantenere l’elezione diretta, perché suggerito in via transitoria dalla Costituzione o perché ritenuta più opportuna del sistema precedente (quali le ragioni?) vanno almeno previsti contrappesi che evitino forme di presidenzialismo e derive individualistiche, che la mancata limitazione del numero dei mandati concorre a innescare.
Non convince il principio del “simul stabunt simul cadent”. Se è sfiduciato il Presidente, il Consiglio deve poterlo sostituire (sistema fiduciario come il parlamentare), anche se ci rendiamo conto di quanto sia problematico trovare una modalità per individuare i candidati che riesca a superare i veti incrociati dei partiti.
Composizione del Consiglio e modalità di elezione devono garantire la tutela anche delle zone interne, marginalizzate, a scarsa densità demografica, in caso contrario è a rischio la democrazia a favore della sola logica dei numeri. Numero dei consiglieri, garanzie per l’opposizione, ecc. hanno a che fare con questo problema, ad evitare che il Consiglio regionale rappresenti solo gli attuali capoluoghi di provincia e poco più. Assumere quest’ottica significa uscire da un’idea di rappresentanza esclusivamente politica e istituzionale, per allargare al diritto di rappresentanza dei territori e dei soggetti sociali, elementi di democrazia compiuta E’ anche questo un modo per affrontare il delicato equilibrio fra democrazia rappresentativa e democrazia diretta.
Risparmiare sui costi della politica è oggi più che mai un dovere e una necessità. Si può perseguirlo attraverso la riduzione secca del numero degli eletti, (purchè con le garanzie di cui sopra), ma si può ottenere anche in modi diversi , ad esempio agendo sulla consistenza delle indennità (ridurle almeno del 30%), sulle modalità dei rimborsi (solo a piè di lista con documentazione delle spese sostenute), abolendo il vitalizio. Sarebbe anche un segnale, doveroso, di rinuncia a privilegi in nome della solidarietà, nonché la concretizzazione dell’affermazione che la Basilicata vuole essere esempio di “intelligenza, inventiva, coraggio” (cfr. Introduzione). Una proposta risolutiva può essere prevedere indennità unica di funzione del Consigliere regionale, da rapportare per l’entità a quella del Dirigente di I livello.
Per motivi analoghi siamo contrari alla presenza di Assessori esterni, mentre ci trova favorevoli l’ipotesi di allargamento delle Commissioni consiliari ad altri soggetti, ovviamente a titolo onorifico.
Chi scrive l’atto costitutivo deve inoltre pensare a: incompatibilità, limite numerico dei mandati (per noi due), divieto di cumulo di incarichi, evitare che l’eletto possa cambiare a suo piacimento la compagine di appartenenza (è stato eletto proprio perché facente parte di quel determinato partito, con quel preciso programma; in caso di dissenso con il partito, dovrebbe dimettersi dalla carica di consigliere), obbligo di un certo numero di donne fra i Consiglieri eletti (auspicabile una norma che preveda di raggiungere quanto prima nel corso degli anni il traguardo del 50%) e di nominare donne fra gli Assessori almeno in numero proporzionale a quello delle donne elette nel Consiglio.
Un’ultima sottolineatura, anche se non direttamente attinente allo Statuto: la rappresentanza politica non deve farsi conoscere solo al momento delle elezioni, ma anche qui utilizzare tutti gli strumenti comunicativi informatici e non, al fine di rendere efficace la partecipazione attiva dei cittadini e garantire il criterio di trasparenza.
Il paragrafo presenta molti punti che condividiamo, con alcune sottolineature:
– separazione fra funzione di indirizzo, di amministrazione e di controllo.
– Previsione di Statuto dell’esecutivo, Statuto del Consigliere e Statuto dell’ opposizione; necessita l’unificazione in uno unico testo dei diversi statuti sul funzionamento del Consiglio Regionale per evitare asimmetrie di normazione e duplicazioni.
– Allargamento dell’iniziativa legislativa.
– Bidirezionalità delle Commissioni consiliari, da rafforzare individuando modi concreti di raccordo commissioni/società civile.
– Rapporto Giunta-Consiglio, all’interno del quale va affrontato un problema: prevedere per le nomine di maggior importanza (Direttori Generali) una forma di coinvolgimento forte del Consiglio, ad evitare che l’eccessiva discrezionalità della Giunta nelle decisioni possa alimentare forme di clientelismo e favori personali.
– Previsione di un controllo qualità delle leggi, fondamentale in relazione a comprensibilità, coerenza con le altre fonti normative, impatto sul cittadino.
– Dibattito annuale sullo stato della regione, il cui punto di merito sta nell’opportunità di costruire una mentalità di rendicontazione/bilancio sociale ancora pochissimo diffusa.
Lascia dubbi la scelta praticamente già effettuata dell’elezione diretta del Presidente, punto delicato e nevralgico che avrebbe necessità di ulteriore approfondimento prima di addivenire ad una scelta definitiva. Comprendiamo e condividiamo l’esigenza di garantire governabilità e stabilità, ma se si vuole mantenere l’elezione diretta, perché suggerito in via transitoria dalla Costituzione o perché ritenuta più opportuna del sistema precedente (quali le ragioni?) vanno almeno previsti contrappesi che evitino forme di presidenzialismo e derive individualistiche, che la mancata limitazione del numero dei mandati concorre a innescare.
Non convince il principio del “simul stabunt simul cadent”. Se è sfiduciato il Presidente, il Consiglio deve poterlo sostituire (sistema fiduciario come il parlamentare), anche se ci rendiamo conto di quanto sia problematico trovare una modalità per individuare i candidati che riesca a superare i veti incrociati dei partiti.
Composizione del Consiglio e modalità di elezione devono garantire la tutela anche delle zone interne, marginalizzate, a scarsa densità demografica, in caso contrario è a rischio la democrazia a favore della sola logica dei numeri. Numero dei consiglieri, garanzie per l’opposizione, ecc. hanno a che fare con questo problema, ad evitare che il Consiglio regionale rappresenti solo gli attuali capoluoghi di provincia e poco più. Assumere quest’ottica significa uscire da un’idea di rappresentanza esclusivamente politica e istituzionale, per allargare al diritto di rappresentanza dei territori e dei soggetti sociali, elementi di democrazia compiuta E’ anche questo un modo per affrontare il delicato equilibrio fra democrazia rappresentativa e democrazia diretta.
Risparmiare sui costi della politica è oggi più che mai un dovere e una necessità. Si può perseguirlo attraverso la riduzione secca del numero degli eletti, (purchè con le garanzie di cui sopra), ma si può ottenere anche in modi diversi , ad esempio agendo sulla consistenza delle indennità (ridurle almeno del 30%), sulle modalità dei rimborsi (solo a piè di lista con documentazione delle spese sostenute), abolendo il vitalizio. Sarebbe anche un segnale, doveroso, di rinuncia a privilegi in nome della solidarietà, nonché la concretizzazione dell’affermazione che la Basilicata vuole essere esempio di “intelligenza, inventiva, coraggio” (cfr. Introduzione). Una proposta risolutiva può essere prevedere indennità unica di funzione del Consigliere regionale, da rapportare per l’entità a quella del Dirigente di I livello.
Per motivi analoghi siamo contrari alla presenza di Assessori esterni, mentre ci trova favorevoli l’ipotesi di allargamento delle Commissioni consiliari ad altri soggetti, ovviamente a titolo onorifico.
Chi scrive l’atto costitutivo deve inoltre pensare a: incompatibilità, limite numerico dei mandati (per noi due), divieto di cumulo di incarichi, evitare che l’eletto possa cambiare a suo piacimento la compagine di appartenenza (è stato eletto proprio perché facente parte di quel determinato partito, con quel preciso programma; in caso di dissenso con il partito, dovrebbe dimettersi dalla carica di consigliere), obbligo di un certo numero di donne fra i Consiglieri eletti (auspicabile una norma che preveda di raggiungere quanto prima nel corso degli anni il traguardo del 50%) e di nominare donne fra gli Assessori almeno in numero proporzionale a quello delle donne elette nel Consiglio.
Un’ultima sottolineatura, anche se non direttamente attinente allo Statuto: la rappresentanza politica non deve farsi conoscere solo al momento delle elezioni, ma anche qui utilizzare tutti gli strumenti comunicativi informatici e non, al fine di rendere efficace la partecipazione attiva dei cittadini e garantire il criterio di trasparenza.
IL SISTEMA PUBBLICO REGIONALE
Punti di forza del paragrafo: assunzione del metodo della programmazione, obbligo di motivazione degli atti, riferimento esplicito al principio di sussidiarietà. E’ fondamentale che quest’ultimo venga assunto nella pienezza del suo significato, nella completezza della visione antropologica da cui nasce, che traduce nella vita politica, economica e sociale una concezione in cui fulcro dell’ordinamento giuridico è la persona in relazione. Per questo l’intervento pubblico deve avvenire nel rispetto del principio di prossimità del livello decisionale a quello di attuazione. In concreto le funzioni pubbliche devono competere in prima istanza a chi è più vicino alle persone e ai loro bisogni e alla Regione compete creare le condizioni che permettono alla persona e alle aggregazioni sociali – i cosiddetti corpi intermedi – di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività. In una parola, occorre riconoscere (non concedere!) maggiore autonomia all’azione degli enti amministrativi pubblici e agli organismi privati per poter soddisfare al meglio i bisogni dei cittadini.
Punto problematico: per esercitare concretamente sussidiarietà occorre definire forme di consorzio territoriale per la gestione dei servizi essenziali (educazione e istruzione almeno a livello di scuola dell’obbligo, assistenza sanitaria, servizi sociali, informazione, …) dotandole delle necessarie condizioni di esercizio. Vale soprattutto per i piccoli Comuni, realtà prevalente nella nostra Regione e che va, quindi, salvaguardata per non indebolire il tessuto sociale e politico.
Per gli Enti che gestiscono risorse pubbliche è bene eliminare le duplicazioni di funzione e procedere ad accorpamenti.
Punto non accettabile: il mancato riferimento esplicito al merito per le nomine dei Direttori Generali.
Per la nomina dei dirigenti è essenziale che l’aspetto tecnico-amministrativo sia assolutamente scisso dalle nomine politiche. I Direttori Generali sono di nomina tecnica e nel loro reclutamento sono fondamentali il criterio del merito e la trasparenza delle procedure. Via maestra e ordinaria è abolire le nomine e procedere per concorso pubblico, anche se ci rendiamo conto che strutturazione del bando e iter conseguente sono lunghi e complessi. Nell’interim, ad evitare i possibili effetti negativi dell’eccessiva discrezionalità della Giunta oltre che per rendere effettiva ed efficace la prevista partecipazione del Consiglio a procedure di nomina, sarebbe possibile demandare al Consiglio l’individuazione di criteri che guardino a competenze documentate, elevata professionalità, prolungato esercizio della dirigenza in quel settore con verifica degli esiti, conoscenza del territorio e competenza sul territorio e la Giunta potrebbe procedere alla scelta sulla base di questi criteri. Ribadiamo che si tratterebbe di una soluzione momentanea, perché occorre arrivare in tempi rapidi alle procedure di selezione concorsuale, assicurandone la trasparenza sia attraverso l’accesso consentito agli atti, sia attraverso la pubblicità dei criteri utilizzati.
Punti di forza del paragrafo: assunzione del metodo della programmazione, obbligo di motivazione degli atti, riferimento esplicito al principio di sussidiarietà. E’ fondamentale che quest’ultimo venga assunto nella pienezza del suo significato, nella completezza della visione antropologica da cui nasce, che traduce nella vita politica, economica e sociale una concezione in cui fulcro dell’ordinamento giuridico è la persona in relazione. Per questo l’intervento pubblico deve avvenire nel rispetto del principio di prossimità del livello decisionale a quello di attuazione. In concreto le funzioni pubbliche devono competere in prima istanza a chi è più vicino alle persone e ai loro bisogni e alla Regione compete creare le condizioni che permettono alla persona e alle aggregazioni sociali – i cosiddetti corpi intermedi – di agire liberamente senza sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività. In una parola, occorre riconoscere (non concedere!) maggiore autonomia all’azione degli enti amministrativi pubblici e agli organismi privati per poter soddisfare al meglio i bisogni dei cittadini.
Punto problematico: per esercitare concretamente sussidiarietà occorre definire forme di consorzio territoriale per la gestione dei servizi essenziali (educazione e istruzione almeno a livello di scuola dell’obbligo, assistenza sanitaria, servizi sociali, informazione, …) dotandole delle necessarie condizioni di esercizio. Vale soprattutto per i piccoli Comuni, realtà prevalente nella nostra Regione e che va, quindi, salvaguardata per non indebolire il tessuto sociale e politico.
Per gli Enti che gestiscono risorse pubbliche è bene eliminare le duplicazioni di funzione e procedere ad accorpamenti.
Punto non accettabile: il mancato riferimento esplicito al merito per le nomine dei Direttori Generali.
Per la nomina dei dirigenti è essenziale che l’aspetto tecnico-amministrativo sia assolutamente scisso dalle nomine politiche. I Direttori Generali sono di nomina tecnica e nel loro reclutamento sono fondamentali il criterio del merito e la trasparenza delle procedure. Via maestra e ordinaria è abolire le nomine e procedere per concorso pubblico, anche se ci rendiamo conto che strutturazione del bando e iter conseguente sono lunghi e complessi. Nell’interim, ad evitare i possibili effetti negativi dell’eccessiva discrezionalità della Giunta oltre che per rendere effettiva ed efficace la prevista partecipazione del Consiglio a procedure di nomina, sarebbe possibile demandare al Consiglio l’individuazione di criteri che guardino a competenze documentate, elevata professionalità, prolungato esercizio della dirigenza in quel settore con verifica degli esiti, conoscenza del territorio e competenza sul territorio e la Giunta potrebbe procedere alla scelta sulla base di questi criteri. Ribadiamo che si tratterebbe di una soluzione momentanea, perché occorre arrivare in tempi rapidi alle procedure di selezione concorsuale, assicurandone la trasparenza sia attraverso l’accesso consentito agli atti, sia attraverso la pubblicità dei criteri utilizzati.
IL SISTEMA INTERISTITUZIONALE
Condividiamo la previsione del Consiglio delle Autonomie Locali e segnaliamo l’opportunità di strutturare al meglio quanto riguarda i suoi compiti e attribuzioni, anche nella prospettiva dell’abolizione delle Province, (che cancellerà un altro anello intermedio, dopo le Comunità Montane, fra Regione e Comuni) e tenendo conto dei comprensori istituiti con le aree di programma.
Altro punto che accogliamo con favore è la Conferenza regionale per la programmazione. Il largo ventaglio di soggetti che la compongono è promettente per un libero e ampio coinvolgimento sociale. Servirà la sensibilità di favorirlo il più possibile, facendo della partecipazione degli ex consiglieri ed ex parlamentari un’ opportunità e non un condizionamento. Resta, poi, un interrogativo non marginale: i pareri di questo organo consultivo di che tipologia saranno? Se nessuno di essi è vincolante, molto presto nascerà disaffezione, anticamera dell’implosione, e si perderebbe un’opportunità preziosa.
Condividiamo la previsione del Consiglio delle Autonomie Locali e segnaliamo l’opportunità di strutturare al meglio quanto riguarda i suoi compiti e attribuzioni, anche nella prospettiva dell’abolizione delle Province, (che cancellerà un altro anello intermedio, dopo le Comunità Montane, fra Regione e Comuni) e tenendo conto dei comprensori istituiti con le aree di programma.
Altro punto che accogliamo con favore è la Conferenza regionale per la programmazione. Il largo ventaglio di soggetti che la compongono è promettente per un libero e ampio coinvolgimento sociale. Servirà la sensibilità di favorirlo il più possibile, facendo della partecipazione degli ex consiglieri ed ex parlamentari un’ opportunità e non un condizionamento. Resta, poi, un interrogativo non marginale: i pareri di questo organo consultivo di che tipologia saranno? Se nessuno di essi è vincolante, molto presto nascerà disaffezione, anticamera dell’implosione, e si perderebbe un’opportunità preziosa.
STRUMENTI DI RACCORDO
Si sottolinea l’opportunità che la regione Basilicata dia il suo apporto per rafforzare la politica regionale europea, ridurre le differenze strutturali esistenti tra le regioni dell’Unione, favorire lo sviluppo equilibrato del territorio comunitario nonché la promozione di un’effettiva parità di possibilità tra i cittadini dei vari Stati..
Si sottolinea l’opportunità che la regione Basilicata dia il suo apporto per rafforzare la politica regionale europea, ridurre le differenze strutturali esistenti tra le regioni dell’Unione, favorire lo sviluppo equilibrato del territorio comunitario nonché la promozione di un’effettiva parità di possibilità tra i cittadini dei vari Stati..
Conclusione
Volendo pensare in positivo, si potrebbe affermare che le formulazioni vaghe o generiche contenute nel Documento programmatico potrebbero essere un punto a favore, nel senso che, proprio perché scritto così, il Documento è aperto a tutte le osservazioni, declinazioni e integrazioni.
Forse alcune proposte avanzate appaiono utopistiche, ma l’utopia è il binario del futuribile e come cattolici dobbiamo sempre avere il coraggio di tentare di cambiare, sperando anche contro ogni speranza.
Assicuriamo che, come CDAL della diocesi di Tursi-Lagonegro, continueremo a dare il nostro contributo nelle fasi successive dell’iter per la redazione e l’approvazione del nuovo Statuto, auspicando che sia occasione per un rinnovato patto sociale basato su leale collaborazione, trasparenza, credibilità e che il documento statutario finale risponda chiaramente ed efficacemente agli effettivi bisogni dei cittadini lucani tenendo presenti tutte le realtà che entrano in contatto diretto con i cittadini stessi.
Volendo pensare in positivo, si potrebbe affermare che le formulazioni vaghe o generiche contenute nel Documento programmatico potrebbero essere un punto a favore, nel senso che, proprio perché scritto così, il Documento è aperto a tutte le osservazioni, declinazioni e integrazioni.
Forse alcune proposte avanzate appaiono utopistiche, ma l’utopia è il binario del futuribile e come cattolici dobbiamo sempre avere il coraggio di tentare di cambiare, sperando anche contro ogni speranza.
Assicuriamo che, come CDAL della diocesi di Tursi-Lagonegro, continueremo a dare il nostro contributo nelle fasi successive dell’iter per la redazione e l’approvazione del nuovo Statuto, auspicando che sia occasione per un rinnovato patto sociale basato su leale collaborazione, trasparenza, credibilità e che il documento statutario finale risponda chiaramente ed efficacemente agli effettivi bisogni dei cittadini lucani tenendo presenti tutte le realtà che entrano in contatto diretto con i cittadini stessi.