Il vangelo della carità: gioia per la vita
La gioia di annunciare, celebrare e testimoniare il Vangelo della Carità ai nostri giorni, è il tema scelto dalla Caritas Diocesana di Tursi–Lagonegro, per l’annuale Incontro Formativo rivolto agli Operatori Caritas parrocchiali, tenutosi a Chiaromonte, il 16 marzo scorso.
Relatore è stato mons. Francesco Soddu, Direttore Nazionale di Caritas Italiana.
L’incontro ha visto i presenti impegnati in tre momenti essenziali: la preghiera, l’ascolto dell’intervento del Relatore, le domande e agli interventi degli Operatori Caritas Parrocchiali.
L’esortazione contenuta nella citazione dell’evangelista Marco (Mc 2,11), è tratta dalla guarigione del paralitico: l’attenzione è posta su quell’esortazione, un imperativo di Gesù rivolto al paralitico: “Alzati!”. “…siamo chiamati”, dice Mons. Soddu, rivolgendosi ad ogni Operatore Parrocchiale Caritas, “…a far penetrare questa vicenda all’interno del nostro vissuto; comunque ad esserne pervasi e illuminati; affinché la Parola di Dio, come avviene per tutta la nostra vita, illumini anche questo nostro incontro”.
Il tema del Convegno: Da persona a persona: la gioia di annunciare, celebrare e testimoniare il Vangelo della Carità, evidenzia due elementi: la relazione (da persona a persona) e la gioia (di annunciare, celebrare il Vangelo di carità) che per i cristiani, e in particolar modo per gli operatori della carità, inevitabilmente legati tra loro e ben cuciti dal filo visibile della fede, da cui tutta l’azione trae il suo fondamento. Benedetto XVI, in Porta Fidei, al n.14, scriveva: “La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino”.
La Carità, come l’annuncio della Parola di Dio e la celebrazione dei Sacramenti, è inserita nella Nuova Evangelizzazione, come intima natura della Chiesa e non è un’attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza (Benedetto XVI, Motu Proprio Intima Ecclesiae Natura).
Evangelizzare oggi, come afferma Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, equivale a rendere presente nel mondo, il Regno di Dio. Nel trattare contenuti inequivocabilmente sociali dell’annuncio, presenta l’ascolto come il fondamento della relazione, che in certi passaggi del discorso, assume le connotazioni del porre attenzione e perciò dell’aver cura.
“È sufficiente scorrere le Scritture per scoprire come il Padre buono desidera ascoltare il grido dei poveri… ”. (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 187)
L’ascolto in relazione avrà l’obiettivo di “far uscire la persona”, di instradarla in un percorso, non più caratterizzato dalla solitudine, dall’isolamento o dalla marginalità, ma in relazione, ad iniziare da colui che lo ascolta. Tale modo di mettersi in relazione l’uno con l’altro è una chiara edificazione reciproca.
Porre attenzione. È la caratteristica fondamentale e ricorrente che deve accompagnare l’ascolto. Essa suppone la serenità di colui (o coloro) che non è “disturbato” da altri fattori che, in tutti i casi formano delle vere e proprie barriere comunicative. Suppone la calma di colui che con pazienza segue e non rincorre, né tantomeno precede.
Aver cura. È la caratteristica conseguente. Questa comporta la preoccupazione affinché la persona ascoltata sia pienamente messa al centro, e non altro.
“La Chiesa ha riconosciuto che l’esigenza di ascoltare questo grido deriva dalla stessa ope¬ra liberatrice della grazia in ciascuno di noi, per cui non si tratta di una missione riservata solo ad alcuni… La parola “solidarietà”… indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità. Richiede di creare una nuova men¬talità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti, rispetto all’appropriazione dei beni da parte di alcuni” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 188).
Nella comunità Cristiana, la prima relazione evangelizzante è la medesima dinamica degli individui tra loro, secondo quanto contenuto nelle parole di Gesù: “Vi riconosceranno da come vi amerete”.
La Parrocchia è una comunità e per realizzare se stessa deve adoperarsi affinché nessuno ne sia escluso e tutti si sentano parte viva e attiva; in altre parole, essa deve investire in Carità!
Bisogna occuparsi creativamente, non in maniera estemporanea, né approssimativa e neanche ripetitiva, ma creativa, dinamica, generativa… mettendo in atto quanto il beato Giovanni Paolo II intendeva dire col termine “fantasia della carità”; e cooperare efficacemente per il bene di tutti: cooperare, ossia “operare-con”, insieme al territorio, collaborando a favore del bene comune e la cooperazione sarà tanto più efficace, quanto più intenti comuni sono convergenti, si incontrano ed interagiscono tra di loro. La Parrocchia, nel suo dialogo col territorio dovrebbe essere propositrice di piste di comunione, ossia di unione comune, al fine di costruire inclusione. Dire inclusione ed adoperarvisi significa essere costruttori di unità e di comunione; e questo perché “Nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri”.
L’azione è necessaria, sempre. Papa Francesco, già dai primi numeri della E.G. esorta a prendere sempre l’iniziativa (n.24): “La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. … La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore… e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi”.
La nascita, la crescita e l’attenzione all’indigente, non può e non deve essere lontana dalla gioia! Bisogna attivarsi, ma con gioia, in quanto, scrive Papa Francesco: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia… Perché, se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri?” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, nn. 1, 8)
Nessuno deve essere escluso, o lasciato fuori dalla gioia!
Facciamo sì che sia il fine verso cui si tende ed anche lo strumento con cui si agisce. Gioia e carità sono talmente connesse che chiunque, anche se non addetto ai lavori (o anche credente), è in grado di riconoscere immediatamente l’autenticità di un’azione di carità, secondo la misura della gioia profusa. Papa Francesco insiste: “La carità non è la conseguenza dell’evangelizzazione, quanto piuttosto ne sia il fondamento. Inoltre il servizio al povero oltre che essere atto intrinsecamente e moralmente buono, è anche radice e base di conversione”.
Secondo quanto appena affermato, mi pare anche interessante leggere rivolto alla Chiesa (in uscita), l’imperativo di Gesù: Alzati e cammina!
Il Convegno per gli Operatori delle Caritas Parrocchiali termina così, con la consapevolezza che solo partendo dalla nostra conversione potremmo essere strumenti di gioia, di riconciliazione, di pace, e inevitabilmente di carità.
Giulia Salerno