L’amore e la misericordia di Dio, il senso della nostra esistenza

L’amore e la misericordia di Dio, il senso della nostra esistenza. Un’ode alla bontà di Dio che si incarna nel vissuto storico di una Diocesi, un “popolo in cammino” che a fine anno porge il ringraziamento a Dio Trinità con una festa. Il senso di una giornata, sotto il sole cocente di Policoro, allietata dalla brezza della letizia di cuore e di spirito. Una festa di famiglia, la Famiglia diocesana di Tursi-Lagonegro, come ha detto il Vescovo all’inizio della Messa. Non il caldo e nemmeno la commozione possono però riservarsi l’ultima parola. Tutti i presenti, andando via, hanno attestato gratitudine per l’esperienza vissuta perché le parole di Claudia Koll si sono stampate nel cuore. Intervistata da don Michelangelo Crocco, direttore dell’Ufficio di Pastorale familiare, l’attrice ha richiamato la sua vita, le fragilità e anche il cammino di riappropriazione di un’identità che si era smarrita: “Andavo tutti i giorni a Messa ma solo al capezzale di un malato ho capito cosa significhi amare. Con un po’ di tempo ho capito perché Dio ha voluto il sacramento della Confessione: il momento in cui consegnare la fragilità e chiedere a Dio di essere rigenerati, resi nuovamente belli nell’anima. Proprio l’incontro con un malato di aids, Giuseppe, nel 2000 mi ha premesso di attraversare una porta santa. Ho avuto a che fare con tante persone, malati terminali, che portavano con loro il bisogno di trovare senso alle sofferenze… Così cominciavo a comprendere e a poter dire loro che il Signore mi stava dando la forza di affrontare le mie sofferenze, quindi ne avrebbe data tanta anche a loro”. Claudia ricorda ancora che con questi malati andava a Messa per un po’… ma un giorno Giuseppe non poté andare perché non aveva le forze. Dopo la Messa passò a incontrarlo e lì l’esperienza inaspettata: “Gli stringo la mano visto che non poteva più parlare e i suoi occhi si aggrappano ai miei. La percezione chiara che l’amore di Dio è dolce, accarezza il cuore. E quando ho riletto il capitolo 25 del Vangelo di Matteo ho riconosciuto che Cristo mi chiedeva di amarlo nel sofferente, in Giuseppe”. La lezione che Claudia ha fatto propria: mettendosi a servizio degli altri il Signore manifesta il suo amore, in uno scambio di amore.
Lo stesso amore cantato dalle due famiglie che fanno offerto le testimonianze al mattino, Anna e Pasquale, Nadia e Francesco, due coppie residenti a Nova Siri: attraverso il cammino annuale di Betania hanno avuto la gioia di toccare con mano la grazia che il Signore ha usato alle loro persone, alle loro famiglie.
Alessandra Vicino e Gaetano Antonucci, responsabili della Commissione per la Pastorale familiare, insieme al gruppo musicale che ha guidato la festa del mattino e la celebrazione della Messa hanno aiutato i presenti, oltre millecinquecento, a sperimentare gioia e fraternità respiratesi anche per merito dell’ottima accoglienza da parte di don Giuseppe Gazzaneo e dei parrocchiani del Buon Pastore di Policoro e dalla logistica curata da Filippo Oriolo.
Non sono mancate le attrazioni per i più piccoli e neppure lo zucchero filato…
All’inizio della Celebrazione della Messa monsignor Vincenzo Orofino ha richiamato il perché della giornata: “Siamo qui come una grande famiglia. La Chiesa è fatta di famiglie, piccola chiesa. Quella di oggi è una festa della fede perché ci siamo da tutte le comunità nelle quali viviamo nella luce del Vangelo e nella grazia di appartenere a Cristo. Abbiamo vissuto un anno centrato sul senso dell’appartenenza alla Chiesa, alla Chiesa diocesana e alla Chiesa universale. Dunque un gesto ecclesiale che mette insieme le nostre famiglie e ci fa sperimentare un senso autentico di unità. La vita nella famiglia è la forma più immediata attraverso cui il Signore ci ama e ci accompagna”. E all’omelia ha rinnovato il grazie per aver accolto l’invito con un grande sì, un eccomi generoso a vivere una festa: l’anno pastorale non può essere una fatica ma deve essere un cammino lieto che si fa insieme agli amici, senza lasciare indietro nessuno. Orofino ha quindi richiamato che il primo verbo usato da Papa Francesco appena eletto è stato “camminare”: la Chiesa è il Popolo Santo di Dio che cammina verso la meta. “La qualità della nostra vita – ha detto il Vescovo – dipende soprattutto dalla meta, non da dove si parte. Ciò che conta è la bellezza di dove vogliamo arrivare: Cristo è la meta, il paradiso è la sua persona gloriosa. Il regno di Dio è in mezzo a noi: la persona di Gesù è tutto. Tutto si concentra nell’incontro permanente con Cristo, un incontro che sempre va rinnovato perché sia bella la nostra vita. È la festa della fede, di coloro i quali hanno fede e vivono la fede. Non dimentichiamo che con Gesù sempre nasce e rinasce la gioia. Il volto dei cristiani deve essere gioioso, mai finto, non da quaresima ma trasfigurato dall’incontro con il Risorto. Le parrocchie della Diocesi più si aprono alla vita della Chiesa locale più godono di una ampiezza di respiro e di vedute”.
Quindi il Vescovo ha richiamato la fedeltà di Dio al suo patto, all’alleanza perché ha pensato gli uomini come suoi partner e tutto fa per amore: “Il compito della nostra vita è corrispondere al suo amore. Questo amore si impara a vivere nella Comunità Cristiana, la Chiesa e nelle famiglie. Attraverso i sacramenti Dio mantiene la sua fedeltà. La Chiesa è sacramento di Cristo e la famiglia è consacrata dal sacramento del matrimonio, dono di grazia. L’appartenenza alla Chiesa è condizione per la nostra fede, per la santità: diventare santi è possibile perché apparteniamo a questa Comunità di salvati”.
Nel pomeriggio è stata offerta ai presenti la rappresentazione teatrale “La bottega dell’orefice”, il cui testo venne pubblicato per la prima volta nel 1960. Autore l’allora vescovo ausiliare di Cracovia Karol Wojtyla. “Meditazioni sul sacramento del matrimonio che di tanto in tanto si trasformano in dramma”, recita il sottotitolo. Claudia Koll, passata dai riflettori ad essere riflesso della misericordia di Dio, ne ha interpretato i monologhi perché ora ne è certa: l’amore è il senso della sua esistenza, consapevole che il Signore le ha donato una pienezza che prima non aveva. “Il Signore mi ha preso in braccio e ha sanato tante ferite che mi portavo nel cuore. Questo mi porta a vedere la vita in modo diverso. Ora affronto i problemi con la preghiera, con atti costanti di fede perché è bello accogliere ciò che il Signore chiede. Oggi dedico la mia vita a Dio e alle opere di carità, a favore dei carcerati e dei senza fissa dimora a Roma e attraverso alcune realtà in Burundi. L’associazione Le Opere del Padre, con la spiritualità della Divina Misericordia, mi aiuta anche ad aggregare fratelli per educarci a fidarci di Dio: preghiera e opere non possono essere separate”.
Ha concluso il Vescovo ripetendo che Dio che è amore è davvero la spiegazione di tutto. Dobbiamo superare l’equivoco che l’amore possa essere ridotto a qualcosa di dolciastro. Dio è la spiegazione di tutto perché è la mia vita, è la mia vocazione. Dio è origine e compimento della nostra vita personale. “Dio è il mio tutto, il mio bene, il mio tesoro” ha ribadito richiamando le parole del sacerdote Domenico Lentini di cui stiamo celebrando lo speciale anniversario nel ventesimo della beatificazione. Infine l’invito: “Nelle nostre famiglie accada un’educazione integrale e integrante perché siamo veramente felici, proprio come Claudia”.
Un augurio, una certezza: chi ha partecipato ha respirato una bellezza, quella che segna la vita.
Giovanni Lo Pinto