Agenda Diocesana 2017-2018

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1. Dal discernimento comunitario al rinnovamento dell’azione ecclesiale
Dando operativo seguito al discernimento comunitario che abbiamo svolto lo scorso anno a livello parrocchiale, zonale e diocesano, culminato nel convegno diocesano residenziale di Paestum (23-25 aprile 2017), quest’anno – nel cuore del secondo quinquennio degli Orientamenti pastorali 2010 – 2020 dell’Episcopato italiano centrato su “educazione cristiana e città” – siamo chiamati a intraprendere un nuovo cammino di reale e incidente rinnovamento ecclesiale. Si tratta di mettere in atto la chiara e perentoria indicazione di Papa Francesco: «Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un “stato permanente di missione”», poiché «dobbiamo riconoscere che l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione e si orientino completamente verso la missione» (Evangelii gaudium, 25.28). Il Papa chiede una “riforma” vera, un radicale mutamento di direzione e di sguardo. Il cambiamento che ci è chiesto è totale e non di facciata, sapendo che la prima conversione deve accadere nella nostra vita personale. Si tratta di rinnovare la nostra azione ecclesiale, studiando e seguendo le indicazioni della mia Lettera pastorale che oggi stesso vi consegno quale guida per i prossimi anni.
 
2. Obiettivi dell’azione pastorale
Le nostre attività pastorali devono concretizzare le sollecitazioni emerse nel convegno di Paestum e ulteriormente vagliate nella riunione del Consiglio Pastorale Diocesano il 27 maggio 2017. Con la pubblicazione della mia Lettera – speciale forma di “restituzione” al Popolo di Dio – il frutto del discernimento comunitario diventa “indicazione” da seguire e da applicare in tutte le sue parti, da tutti i battezzati e da tutte le parrocchie della Diocesi.
Obiettivo primario della nostra azione pastorale deve essere quello di offrire a tutti l’orizzonte spirituale entro cui “guardare” la propria vita e consegnarsi a Cristo, affidandosi alla compagnia che il Signore ha scelto per noi «quale organismo visibile attraverso il quale diffonde per tutti la verità e la grazia» (Lumen Gentium, 8). Servire la nostra fede e quella delle persone che abitano nel territorio diocesano o che incontriamo nella nostra vita, introducendole e accompagnandole all’incontro con Gesù Cristo, è l’opera che dobbiamo compiere.
Ugualmente fondamentale deve essere l’aspetto ecclesiologico della nostra azione pastorale, poiché l’incontro con Cristo nella storia si realizza attraverso la mediazione della Chiesa e nella Chiesa. Essa, perciò, è veramente necessaria per la nostra vita, di uomini e di cristiani, per la nostra salvezza, per il compimento della nostra vocazione. Dentro la ricchezza e la fecondità della storia, della vita e della comunione di tutta la Chiesa universale, siamo chiamati a edificare la Chiesa e a renderla presente nel territorio in cui abitiamo. È all’interno della propria diocesi che ogni fedele vive la sua appartenenza all’unica Chiesa universale, poiché in essa «è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica» (Christus Dominus, 11). Ecco il motivo della mia forte e costante insistenza sulla priorità della vita e delle attività della Diocesi. In questo dobbiamo ancora fare dei decisi passi avanti e crescere. Tutti. Sacerdoti e fedeli laici. I nostri sguardi, i nostri cuori e le nostre azioni devono essere più ecclesiali, più cattolici, cioè più diocesani. Solo allora riusciremo a stare bene nelle parrocchie e a servire la fede dei fratelli e delle sorelle che il Signore ci mette accanto.
 
 
3. Il metodo e lo stile ecclesiale
Dobbiamo passare da una Chiesa episcopo-clericocentrica a una Chiesa “Corpo ben compaginato e connesso”, Comunità ministeriale che compie la sua missione evangelizzatrice nella diversità e nella complementarietà delle vocazioni, dei ministeri, dei carismi, delle responsabilità e delle condizioni di vita, poiché il Signore Gesù «ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero» (Ef 4,7.11).
Il nostro territorio ha bisogno di una Chiesa più partecipata, più misericordiosa, più profetica, più propositiva, più presente, più capace di coinvolgersi con la vita concreta delle persone, più lieta, più materna, più disposta a comprendere, accompagnare e accarezzare, come ci ha chiesto Papa Francesco al V Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze. Una Chiesa madre, libera e liberante, convinta e convincente, unita ma non omologata, aperta e non ripiegata su se stessa, serva “scalza” e maestra “esperta in umanità”. Una Chiesa che sia al servizio del bene integrale delle persone e delle comunità con gesti esemplari e concreti in ordine alla vita quotidiana e ordinaria di tutti, alla testimonianza della carità, al mondo del lavoro, al vasto e delicato compito educativo, all’amministrazione della “Cosa pubblica” per promuovere il bene di tutti e di ciascuno.
La nostra Comunità diocesana deve ancora crescere in comunione ecclesiale e in corresponsabilità pastorale per poter assumere una mentalità realmente sinodale. Con umiltà e dedizione dobbiamo metterci nell’atteggiamento giusto per “imparare” meglio questo stile di vita ecclesiale, che permette a tutti di sentirsi parte attiva della vita del Popolo di Dio. Dobbiamo “impararlo” perché, pur avendone già fatto viva esperienza durante l’anno pastorale appena concluso, siamo chiamati a fare ulteriori passi avanti, guardando la vita della Chiesa in quanto “mistero di comunione trinitaria” e non ispirandoci all’equivoco “democraticismo” del mondo. Mettiamoci subito al lavoro! Facciamolo, però, con il convincimento che «prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità di comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano» (Novo Millennio Ineunte, 43).
Il nostro metodo pastorale deve essere corrispondente alla natura della fede e del cuore delle persone: deve essere essenziale, semplice, facile, armonico, coerente, aderente alla realtà. «Tutti devono trovare nella parrocchia una porta aperta nei momenti difficili o gioiosi della vita. L’accoglienza, cordiale e gratuita, è la condizione prima di ogni evangelizzazione» (Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 6).
L’azione pastorale ordinaria delle parrocchie deve essere pervasa da un chiaro stile missionario, per cui tutte le attività devono tendere a far conoscere Gesù Cristo, a favorire la conversione delle persone, al miglioramento della vita delle comunità parrocchiali e dei paesi. Siamo chiamati a mettere in atto iniziative coinvolgenti e attraenti, chiare nelle motivazioni e precise negli obiettivi, pertinenti con la vita delle persone e con la missione della Chiesa, ben coordinate e connesse. Occorre evitare ogni improvvisazione e mettere in atto una programmazione pastorale organica e sistematica, che coinvolga tutti i fedeli, sia nella fase progettuale che in quella attuativa, attraverso gli organismi di partecipazione previsti dalla saggezza della Chiesa. In tal senso si abbia particolare cura a che in tutte le parrocchie della Diocesi sia effettivo ed efficace il servizio del Consiglio per gli Affari economici e del Consiglio Pastorale Parrocchiale.
Dai gruppi di studio tenuti nell’ambito del convegno diocesano di Paestum è venuta la richiesta di superare l’isolamento e l’autoreferenzialità delle singole parrocchie e di lavorare “in rete”, “in dialogo”, “in comunione”, dando vita a feconde unità pastorali e mettendo in atto una reale e incidente pastorale integrata. Questo richiede un cambiamento di mentalità e una docilità a lasciarsi guidare in un lavoro pastorale più organico e incidente a livello zonale. Le zone pastorali – soprattutto a livello formativo – possono diventare il luogo della sintesi tra la centralità ecclesiale della Diocesi e la concretezza pastorale delle parrocchie.
Perché cresca una Chiesa così c’è bisogno di sacerdoti – compreso il Vescovo – felici, sereni e generosi. Sacerdoti che si identificano con il proprio ministero: discepoli innamorati del Signore e missionari fervorosi, uomini con il profumo di Dio e con l’odore delle pecore, pastori del gregge e non “funzionari di stato”, maestri rigorosi e non burocrati rigidi, guide duttili e accoglienti e non mercenari lassisti e rancorosi. Sacerdoti capaci di formare cristiani maturi nella fede e pienamente consapevoli della loro specifica missione nella Chiesa e nel mondo. C’è bisogno di Religiosi, Religiose e di persone consacrate che, vivendo integralmente e lietamente i consigli evangelici, testimoniano a tutti che è possibile stare nel mondo come ha fatto Gesù.
Abbiamo bisogno di fedeli laici incisivamente determinati dall’incontro con Gesù Cristo, con «una fede adulta e pensata, capace di tenere insieme i vari aspetti della vita facendo unità di tutto in Cristo» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 50). La nostra Chiesa particolare deve recuperare il protagonismo ecclesiale e missionario dei fedeli laici, sapendo che il campo proprio della loro attività evangelizzatrice «è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell’economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; e anche di altre realtà particolarmente aperte all’evangelizzazione, quali l’amore, la famiglia, l’educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza» (Evangelii Nuntiandi, 70).
 
 
4. Catechesi, liturgia, carità e cultura: 4 corsie di un’unica strada
Ogni rinnovamento ecclesiale accade dentro il fluire ininterrotto e ordinario della tradizione vivente, secondo il criterio della “riforma nella continuità” e non della “rottura nella discontinuità”, poiché nella Chiesa il cambiamento è sempre un ritorno alla purezza e alla bellezza delle origini.
Anche in riferimento alle dimensioni costitutive del nostro agire ecclesiale dobbiamo metterci alla scuola dei primi cristiani, i quali «erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere, (…) stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune (…). Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2,42-47). Ascolto della Parola di Dio, preghiera, comunione nella carità sono state e dovranno continuare a costituire i pilastri della struttura portante dell’azione ecclesiale. Ancora oggi le parrocchie devono servire le persone attraverso l’evangelizzazione e la catechesi, la spiritualità e la preghiera liturgica, la testimonianza della carità nel servizio alle persone e al territorio, onde condurle ad acquisire una vera mentalità di fede capace di giudicare gli eventi e le cose del mondo a partire dall’incontro con Gesù Cristo. Solo allora la fede diventa cultura e la nostra azione pastorale incide nella vita delle persone e delle comunità. La cultura, perciò, in quanto dimensione unificante delle attività educative e missionarie, deve essere assunta come quarta corsia del nostro percorso pastorale.
 
5. Iniziative particolari
Il prossimo 12 ottobre, nel ventesimo anniversario della beatificazione di don Domenico Lentini, daremo inizio a uno speciale “Anno lentiniano” che ci permetterà di approfondire e di far conoscere in tutto il territorio diocesano la spiritualità e le virtù dell’esemplare sacerdote di Lauria. Il Consiglio Pastorale Diocesano e quello Presbiterale, in sintonia con la Fondazione Lentini e le parrocchie di Lauria, organizzeranno eventi e attività che saranno comunicate a parte.
A partire dal prossimo mese di ottobre daremo inizio a una “scuola di Cristianesimo” – che non sostituirà le abituali attività catechistiche e formative delle parrocchie e delle Zone pastorali – con l’intento di approfondire ogni anno un tema di particolare rilievo teologico e pastorale, in sintonia con le priorità dell’agenda diocesana. Quest’anno – con cadenza mensile – rifletteremo sul tema della Chiesa, trattato dal punto di vista biblico, dogmatico, ecumenico e dell’esperienza ecclesiale. Il corso comprenderà anche cinque eventi unitari sulla dottrina sociale della Chiesa, con l’intervento di autorevoli esperti, nell’intento di approfondire i principi fondamentali che sono alla base dell’impegno sociale dei cristiani.
In occasione della prima “Giornata dei poveri”, indetta da Papa Francesco, dal 12 al 19 novembre, terremo una “settimana dei poveri” con vari gesti esemplari circa alcune povertà particolarmente presenti nel nostro tempo.
Circa l’ambito della liturgia/spiritualità, oltre ai consolidati e distinti corsi di esercizi spirituali per sacerdoti e per fedeli laici, alle veglie di preghiera e ai ritiri spirituali per giovani e famiglie, dal mese di settembre sono attive due “Oasi di spiritualità”: una al santuario di “Santa Maria degli Angeli” al Pantano di San Giorgio Lucano (MT) e l’altra al convento “Santa Maria degli Angeli”, contrada Colla di Lagonegro (PZ). In quest’ultima risiedono due nostri giovani amici in discernimento in vista di una nuova “fraternità spirituale”, pronti anche ad accogliere coloro i quali – singolarmente o in gruppo – intendono condividere momenti di preghiera, di silenzio e di meditazione oppure organizzare autonomamente giornate di spiritualità. Dal 18 al 20 ottobre, in ogni zona pastorale, sarà attivato un corso intensivo di formazione per i Ministri Straordinari della Comunione, onde permettere agli ammalati che lo desiderano di ricevere l’Eucaristia ogni domenica.
Una particolare attenzione – come si evince chiaramente dalla mia Lettera pastorale e dall’Agenda che segue – è prevista per le famiglie, i giovani, i poveri e il territorio.
 
Mentre vi ripeto che “l’Agenda è uno strumento di comunione e non di omologazione”, ringrazio ciascuno di voi per il servizio ecclesiale che svolge a favore della Comunità e assicuro la mia preghiera.
Con affetto.
 
                                                                        Il vostro Vescovo
                                                                           + Vincenzo
Tursi, 9 settembre 2017