Secondo focus del percorso “In ascolto del Creato”

domenica 17 gennaio 2021 dalle ore 17.30 alle 19.30

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Domenica 17 gennaio 2021, dalle ore 17.30 alle ore 19.30, si svolgerà a distanza il secondo dei quattro focus previsti nel percorso ecclesiale annuale “In ascolto del creato”, finalizzato alla “conversione ecologica globale” personale e comunitaria, proposto dal Consiglio Pastorale Diocesano e dalla Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali di Tursi-Lagonegro.

Traccia tematica del focus: “la spiritualità della Laudato si’ e modello di Chiesa”.

È possibile partecipare tramite la pagina Facebook “Diocesi Tursi-Lagonegro” o la piattaforma Zoom (832 0676 6189 – passcode 170121).

Interviene la prof.ssa Serena Noceti, docente Ecclesiologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale – Firenze.

Il programma prevede la preghiera iniziale, guidata da don Gianluca Bellusci, Assistente della CDAL e la presentazione dei lavori da parte di Anna Maria Bianchi, Presidente CDAL.

Quindi la prof.ssa Serena Noceti terrà la Relazione: “Chiesa e/è casa comune. La missione della Chiesa nel mondo”.

A seguire l’interazione a distanza e le indicazioni per continuare il lavoro nelle Parrocchie. Per porre alla Relatrice domande scritte attinenti alla tematica affrontata, durante il focus è disponibile il numero telefonico 375 5933457 (solo whatsapp).

 

Dalla parte delle radici

“Pochi teologi hanno riflettuto, in questi cinque anni dalla pubblicazione di Laudato si’, sulla immagine ed esperienza di Chiesa che emerge dalle pagine dell’enciclica”. L’affermazione apre la scheda preparatoria a questo secondo Focus donataci dalla teologa Serena Noceti. Il significato può valere anche per i nostri lavori.

Potrebbe suonare strano o improprio, in un percorso che vuole approfondire un documento sulla cura della casa comune, occuparsi del profilo, volto o immagine di Chiesa che dir si voglia, ma il capitolo dell’enciclica sulla spiritualità ecologica lo richiede direttamente. Se Papa Francesco richiama ad assumere una nuova prospettiva antropologica e un nuovo stile di vita non solo come singoli, ma anche come comunità cristiana, siamo tenuti ad interrogarci su quale comunità cristiana, quale Chiesa, con quali caratteristiche, può  favorirlo. In altre parole, di quale “modello” di Chiesa c’è bisogno per affrontare con speranza questa crisi ecologica e antropologica insieme. Possiamo tentare di abbozzare qualche tratto. L’intervento di Serena Noceti ci aiuterà a metterlo a fuoco più compiutamente.

Una Chiesa-comunità. L’icona del pellegrino ci accompagna anche in questa seconda tappa del sentiero che stiamo percorrendo, proponendo e chiedendo il passaggio da pellegrino a popolo pellegrinante, da io a noi. “È il momento del noi” ha ripetuto più volte papa Francesco nell’intervista resa a Fabio Marchese Ragona, declinando con parole diverse il “nessuno si salva da solo”. Il cristiano, dunque, non può essere uno che cura solo i fatti propri. “Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni” (Caritas in veritate, 7). E non c’è dubbio che la cura della casa comune e dei suoi abitanti è, oggi, reale bisogno di tutti, oltre che autentica via per la pace.

Una Chiesa con le porte aperte. La Chiesa è nata ‘in uscita’, inviata a portare a tutti gli uomini l’annuncio del Vangelo, accompagnandolo con i segni  della tenerezza e della potenza di Dio. Porte spalancate, dunque, non solo perché tutti possano entrare, ma anche per far uscire dal tempio. Far entrare la vita, uscire per incontrare la vita. È rischioso, perché la vita porta con sé tutti i suoi problemi, compresa la crisi ecologica, ma inevitabile.

Una Chiesa tutta ministeriale, come fortemente sottolineato nei documenti e nei lavori del sinodo per l’Amazzonia. Con il recentissimo motu proprio “Spiritus Domini” papa Francesco ripropone in un gesto concreto il volto di una Chiesa tutta ministeriale, con una decisione che colloca “nell’orizzonte di rinnovamento tracciato dal Concilio Vaticano II”. Ministero, ministro, minister, minus stare, stare sotto. Avere un ministero vuol dire stare nella parte sotto, che non si vede, essere le pietre che reggono il peso dell’edificio e gli garantiscono solidità e stabilità. Senza le pietre interrate tutto cade giù. È così anche per l’albero, che le radici ancorano al suolo e sorreggono. Se vengono meno, se le recidi,  anche l’albero più vigoroso crolla.

La strada è chiara, ma non è facile percorrerla. Lo sa anche Papa Francesco. Nel ricordarci che, soprattutto nei deserti esteriori ed interiori, siamo chiamati ad essere persone-­anfore per dare da bere agli altri, aggiunge che  “a volte l’anfora si trasforma in una pesante croce” (EG 86).  Persone-anfore, un altro modo  per dire ministero, come le impalcature per le quali Helder Camara invita a pregare in una delle sue meditazioni poetiche: “Quando vedi smontare le impalcature ammiri – è chiaro – l’edificio che sorge. Ma prega per le impalcature, perché è duro servire di sostegno alla costruzione, essere necessario al lavoro e, nell’ora della festa, essere tolto come un ingombro”.

Siamo pronti ad essere quelli che non solo accettano, ma scelgono  di essere impalcature, anfore, pietre, radici, insomma di lavorare stando nascosti sotto, dalla parte delle radici? Perché non è solo questione di “fare”, bensì di un fare che diventa azione coerente con la fede professata, grazie alle motivazioni che provengono da una spiritualità non intimistica e disincarnata, ma fondata su quel Dio che si è fatto carne ed ha posto la sua dimora in mezzo a noi.

Anna Maria Bianchi, Presidente CDAL di Tursi-Lagonegro